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Il marchio dop per il cacio volterrano. A richiedere la denominazione di origine protetta del formaggio sarà l’associazione Produttori di latte e pecorino delle Balze volterrane. Un’associazione che tra le proprie fila annovera anche il titolare della fattoria Lischeto, Giovanni Cannas. Uno che per il formaggio locale ha fatto molto, a cominciare dal ritrovamento dell’antica ricetta del cacio. Il marchio dop servirà a rilanciare sul mercato il prodotto caseario e il territorio.

“Cacio segnato coll’Etrusca Luna
ogni cacio egli cuopre oscura e atterra.
E tutti i pregi in se de caci aduna.
Ne più bei verdi paschi egli ha la cuna,
Caci volterrani almi e soavi.”

Doveva essere molto buono fin da allora, siamo alla metà del XVIII secolo, il Cacio Volterrano, visto che il filologo e letterato Anton Maria Salvini compose addirittura due sonetti in suo onore.

Destinatario della missiva monsignore Mario Guarnacci erudito cittadino volterrano, che fece recapitare al suo maestro Salvini proprio il decantato e “soave” pecorino di Volterra. E i riferimenti a questo tipo così particolare di formaggio, continuano anche per tutto il secolo successivo, segno di una forte tradizione radicata nella zona collinare tra il fiume Era e il Cecina.

Ma che cosa ha di speciale questo pecorino che riesce a incantare i palati da molti secoli, visto che le prime testimonianze al riguardo risalgono presumibilmente al medioevo? Giriamo la domanda ad un vero esperto del settore Giovanni Cannas, titolare della fattoria Lischeto, azienda zootecnica produttrice di formaggi e di prodotti tipici del territorio, conosciuta anche a livello internazionale.

«La peculiarità – dice Cannas – sta nel metodo di produzione, dove si impiega caglio ricavato dai fiori di cardo o di carciofo selvatico, una pianta presente in abbondanza nelle aree non coltivate e difficili da raggiungere come i calanchi».

Dunque è il caglio di origine vegetale anziché animale il segreto per ottenere un pecorino dalle caratteristiche organolettiche veramente uniche.

«Questi formaggi – continua – hanno un sapore più dolce rispetto agli altri. E ogni lavorazione ha caratteristiche diverse ed è quindi unica».

Il latte, rigorosamente crudo, ovvero non pastorizzato, viene lavorato subito dopo la mungitura con il caglio vegetale. Ma questa pratica con il tempo è andata perduta, e solo dopo un’accurata ricerca storica fatta insieme a Leonardo Dell’Aiuto dello Slow Food di Volterra, è riuscito a recuperarne l’antica ricetta.

«Il passo successivo – annuncia – è quello di ottenere un riconoscimento a livello comunitario del prodotto. Un marchio che possa garantire la continuità e l’alto livello della produzione».

Entro la fine del mese l’associazione dei produttori di latte e pecorino delle Balze volterrane, di cui lo stesso Cannas fa parte, chiederanno il marchio dop (denominazione di origine protetta) per il cacio volterrano. Per farlo dovranno dimostrare di possedere una ricetta unica e che quindi le imitazioni dovranno essere bandite.

Le rigide condizioni sono a garanzia e tutela della tipicità del prodotto. «Il latte deve provenire esclusivamente dalla Valdicecina e anche la lavorazione deve avvenire nelle aziende locali – precisa il titolare del Lischeto -. In questo momento di crisi dell’agricoltura, per le piccole aziende della zona, il riconoscimento potrebbe rappresentare un’occasione di sviluppo e di crescita economica. Bisogna saper difendere le nostre tradizioni e valorizzare i nostri prodotti». La tipicità del prodotto, è dimostrato, è un modo per poter stare nel mercato.

E il pecorino delle Balze volterrane rappresenta un punto di riferimento economico saldamente ancorato al territorio volterrano, dalla disponibilità di risorse, dalla qualità del latte e dalla tecnica di caseificazione.

Quindi il riconoscimento della dop, oltre a salvaguardare e consolidare una secolare tradizione, potrà, attraverso la promozione del prodotto sul mercato nazionale e internazionale, favorire ulteriormente le attività economiche e l’occupazione.

29 Dicembre 2004
Cristina Ginesi
Il Tirreno